IL DIRITTO (NEGATO) ALLE COCCOLE…

(A Frida, in memoria)

Ci sono corpi che vengono lasciati indietro, praticamente sempre.
Corpi “non conformi”, forse neppure tanto normati.
L’incredibile e merdosissima campagna riguardante il Body Shaming si è ormai diffusa a macchia d’olio sul web (e non solo, ahimè!) e concerne, per dirla in parole povere, nel prendere per il culo tutte le persone, o meglio, i loro corpi, che non vengono scolpiti da 80 ore di palestra settimanale o che non passano attraverso la bacchetta magica di Photoshop. Se non sei una dea alta un metro e ottanta con misure pressoché incompatibili con la vita terrestre o se non sei un uomo che non deve chiedere mai con addominali plurimi e molteplici, allora hai qualcosa che non funziona. Non vai bene ed il tuo destino sarà quello di vivere in un eremo dove sesso e desiderio ti verranno sottratti così, ad cazzum.
Smagliature, cellulite, cicatrici, peso corporeo, peluria? Ohmioddddddiocheorroreinsopportabile! Non sia mai che non somiglio a quell’attrice o a quell’attore, a quell’atleta o a quella cantante… che disonore tremendo vivere con il mio “normale” corpo umano, quale vergogna, quale onta insuperabile. Per cortesia!

Bene, vorrei affrontare oggi, tanto per non deludere i miei-le mie followers, un nuovo argomento impopolare, come sempre fra quelli di cui scrivo, tanto per mantenere una coerenza.impopolare intellettuale a cui vi ho abituat*: la sessualità delle persone disabili (sì, potrei dire diversamente abili, ma anche qui, bla bla bla, disabile nel senso rivendicativo.queer del termine eccccccc…. dai, tanto già lo sapete!).
Tatatatatatatatatatannnnnnnnnnnnnnn…
Noooooooooooooooooo, la sessualità e la disabilità nooooooooooooooo!!!!!!!!! Arrestate ‘sta pazza!
Ma le persone disabili non sono simili agli angeli, asessuali e asessuati? Manco per sogno! Non dirmi che c’hanno istinti sessuali pure loro? Te lo dico, invece! Se non bastasse te lo grido pure in piena faccia. Ma quindi pure loro desiderano fare sesso? Ma dai! Incredibile amici ed amiche, abbiamo scoperto l’acqua calda! E rilancio pure con: hanno un corpo desiderante!

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Nooooooooooo, boh raga, con questa frase mo’ inizia una rivoluzione! Magari…
Coccole, presenza dell’Altro, desiderio, contatto umano, erotismo, sensualità… il pacchetto completo!
Solo che… e qui c’è un “solo che” grande come una casa, il desiderio sessuale, no, diciamolo bene, la sessualità.sensualità.erotismo delle persone disabili è ancora, in ‘sto Belpaese de mmm……rda, un assoluto tabù.
Facciamo un esempio pratico: se un bio.uomo desidera viversi la propria sessualità ha diverse opzioni:

1. Viversela da solo attraverso la masturbazione
2. Viversela con una compagna o con un compagno (qualora viva una relazione monogama) o con gli pare (qualora viva una vita con un approccio poliamoroso o anarchico.relazionale)
3. Accostare l’auto allo sbocco della Tangenziale o nelle strade cittadine in orario notturno ed usufruire dei servigi delle persone che svolgono un lavoro sessuale.

Ora elenchiamo le reali possibilità che una bio.donna o un bio.uomo con una disabilità hanno di potersi vivere la propria sessualità:

1. Se la disabilità (e dipende sempre a quale tipo di disabilità facciamo riferimento) non è grave o non è invalidante magari si riesce ad arrivare alla masturbazione
2. Se la persona ha un* compagn* o partner sessuale può viversi desideri e fantasie con un briciolo di autonomia
3. Ricorrendo alle prestazioni di lavoratrici o lavoratori sessuali (ma spesso questa via non è percorribile per tutta una serie di difficoltà oggettive).

Sottolineo, per non lasciare un non.detto, che non si può parlare di una sola “narrazione disabile”, bensì di molteplici narrazioni, infinite narrazioni, tutte differenti, che comprendono un mondo.universo sterminato.
Non sono riconosciute, in Italia, figure professionali quali l’assistente sessuale, come invece accade in altri Paesi europei. Non sono il nostro equivalente di lavoratrici del sesso per persone disabili, sono invece persone formate appositamente per far fronte a difficoltà specifiche e di vario genere (fisiche.psicologiche.logistiche.emotive) che possono presentarsi al momento dell’approccio con la persona che richiede il servizio.
Alcune volte, per le famiglie delle persone disabili la sessualità di figli e figlie, fratelli e sorelle, è un aspetto difficile da affrontare, troppo delicato, talvolta messo da parte per mancanza di strumenti umani o affrontato con enormi disagi. Diciamo che ci si arrangia alla meno peggio. Ci si arrangia…
Frida La Rossa, amica mia disabile ma prima di tutto bio.donna dotata di grande e magnifico desiderio.erotismo, davanti all’abbandono legislativo di uno Stato cieco, alla solitudine umana e all’isolamento fisico dovuto da un contatto costantemente negatole, ricorreva agli annunci, spesso incappando in tipi sinistri poco raccomandabili o a tizi che poi volevano soldi a cambio, magari non richiesti in un primo momento. La frustrazione e la rabbia che Frida ha dovuto subire e vivere costantemente per un tabù sociale e per una non legittimazione ad esistere della sua sessualità, e prima del suo corpo, sono stati devastanti. Da essere creatrice non volontaria del proprio desiderio, è passata ad esserne vittima, con scarse possibilità di vivere una sessualità, con l’Altro, anche solo minimamente umana.accogliente.dignitosa.

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Quello che ho compreso è che c’è una sessualità di serie A ed una di serie B, secondo una società binaria ed arbitraria. Se hai un corpo che secondo la vox populi va bene, allora hai diritto alla sessualità, sennò te ne stai fuori dai giochi. Mammamiacherabbiapoderosa!

Per fortuna qualcosa si muove, anche se mooooooooooooooooolto lentamente.
Vi lascio un po’ di materiale qui sotto, così quando avete voglia gli date un’occhiata con calma:

Donna, disabile e non voglio amore eterno. Voglio sesso a pagamento!

Donna, disabile e non voglio amore eterno. Voglio sesso a pagamento!

Donna, disabile e non voglio amore eterno. Voglio sesso a pagamento!

http://www.yeswefuck.org/

http://www.comune.torino.it/pass/informadisabile/servizio-disabilita-e-sessualita/

Per grazia umana, e non divina, qui ci sono persone che stanno facendo grandi cose e che stanno portando fuori il tema con passione, dedizione, con un’onestà intellettuale ed un coraggio che manco i leoni della Savana…
Il progetto messo in piedi da Max Ulivieri è questo:

http://salute.ilmessaggero.it/storie/disabili_sesso_love_giver-1266367.html

Muoviamo, fra tutti noi ominidi, un po’ ‘sto abaradan, che qui si parla di diritti umani e civili. Diritti umani e civili, mica parliamo di fagioli con le cotiche!

A.A.A. A tutte le persone ignare di tutta questa epocale faccenda che stanno leggendo questo post:

Non so se vi è giunta voce, anche da lontano eh, nella vostra magnifica Neverland dove non esistono i poveri, i disabili, i pazzi e gli invertiti (cioè noi!), che pure la sessualità è un diritto FONDAMENTALE non secondo a nessuno. Non solo una personalissima, normatissima e accettata socialmente sessualità ed unico tipo di corpo sono primari, bensì tutte le sessualità e tutti i corpi lo sono e valgono uguale. E qui vi si aprirà forse un mondo nuovo, pieno di strane creature… potete ignorarle, fare finta che si sia trattato di un brutto sogno e tornare al letargo offerto da Morfeo o decidere di riflettere, almeno per un secondo, su questo tema.

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Piantiamola con ‘sto malsano ed ipocrita binarismo corporeo.sessuale dell’io valgo più di te perepepepepe (questa è una pernacchia grafica, ma forse non rende come ho sperato, ma avete capito lo stesso) perché ho il corpo migliore del tuo e non sono disabile. Echissenefrega se un* non è disabile, teste di menta che siamo tutt* quanti all together!, rendiamoci conto che TUTTI i corpi sono fighissimi e diversi fra loro e menomaleviviaiddio!
Io c’ho il soffio al cuore, la cellulite e la cifosi, le extrasistole e le smagliature+pelle moscia nell’interno cosce dovuta a dimagrimento che non si può vedere, tutta nel mio non sono, eppure ho il diritto di vivermi rispettivamente corpo.sessualità.sensualità.erotismo.emotività.relazioneromantica un po’ come mi pare che tanto mamma non mi dice niente figurarsi lo Stato, invece Frida questo diritto non ce lo ha avuto, non glielo hanno mai concesso, perché? Perché stava seduta su una testarossa a quattro ruote? Madooooooo raga, benvenut* nell’Alto Medioevo!

Non può esserci distinzione fra diritti, se siamo tutti esseri umani con le medesime necessità, istinti, volontà, multi.desideri. Non si può proprio sostenere un mondo dove una persona non ha il diritto di entrare in contatto con il proprio corpo e con quello dell’Altro, essere coccolata, stare bene con se stessa e con i propri desideri e sperimentarli, fare l’amore, praticare il buon sesso, copulare, ditelo come vi pare, che ce semo capit*!

I diritti sono per tutt*, per tutt*, non per tutt* meno per qualcun*. Cerchiamo di farcelo entrare in testa, please!

BINARISMO ANAGRAFICO… QUEER SALVACI TU!

In una Italia dove la gerontocrazia regna sovrana e pure a sproposito, io due domandine me le faccio pure…

Può l’età anagrafica delle persone essere presa in considerazione, smontata e ricostruita attraverso la lente Queer? Mi sa di sì.
Il ragionamento alla base di questo mio post è: se il Queer è una forma di lotta anti-identitaria volta a decostruire ogni forma di binarismo.. allora possiamo dire che uno dei binarismi più difficili da eliminare è quello che mette, da sempre, in contrapposizione “vecchi*-giovane”.

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E mo’ parte l’embolo!

Comprendo e difendo senz’altro la questione di rispettare tutte le diverse narrazioni anagrafiche, dato che ognuna porta con sé qualcosa di magnifico ed assolutamente irripetibile, simile solo a se stessa, ma lo strapotere degli-lle attempat* (nella Politica e non solo) e soprattutto degli-lle adult* in generale (vedi sotto la voce Adultocentrismo), mi ha veramente spaccato le ovaie e sono arrivat* ad un punto di stanchezza animica che neanche un burnout in ascesa.
A parte le persone anziane abbandonate nelle strutture o dimenticate a casa loro, che mi muovono dentro qualcosa di incredibilmente forte e mi fanno una tenerezza ed una compassione che manco l’orsetto di peluche di quando ero piccol*… c’è un tipo (solo uno, per fortuna) di persone adulte (che si muovono dal-la giovane adult* al-la vecchi* anzian*) che pensa di detenere il potere supremo della saggezza, della conoscenza e di tutte quelle cose che ti fanno dire: “Oh, quest* ne sa un botto!”.
Spesso sono balle, non sempre è così vero! Quelle che esprimono non sono conoscenze, bensì giudizi, o riletture personalissime di fatti mai stati oggettivi.

L’esperienza è una cosa, la conoscenza è n’altra. Eppure, spesso, le cose vengono nettamente confuse, creando uno strano pensiero ibrido di assioma assoluto valido per tutte le persone presenti nel mondo-universo. Una cosa che TU hai esperienziato secondo la tua natura, predisposizione, conoscenza, strumenti, DEVE essere vera (ed applicabile) per tutt*, una sorta di equazione divina ed indiscutibile. Chi non condivide tale equazione vale meno di te… ma perché?

La gerarchia dell’esperienza e della (discutibile) conoscenza (dei fatti del mondo).

Perché mi esce la bile da tutti i pori, vi chiederete voi leggendo questo mio post… che gliene frega a quest*?! Me ne frega perché l’Adultocentrismo porta con sé un aspetto che mi smuove tutte le mie cose e mi lascia simpatic* come una jena ridens: il processo fantasmatico dei bambini e delle bambine e degli-delle adolescenti. Invisibili agli occhi del mondo, spesso lo sono, anche, agli occhi adulti che l* circondano.
“Ma cosa dici… cosa ne vuoi sapere?, Stai zitt*, sei solo un* bambin*!, Lascia stare… è cosa dei grandi!”, e così via all’infinito, senza contare poi la maxi-generalizzazione che si fa sulle caratteristiche delle-gli adolescenti: sono stupid*, puzzano, sono ignoranti come capre, sono pecore che seguono il gregge, non si interessano a nulla ed un lungo, lunghiiiiiiiiiiissimo eccetera di luoghi comuni.

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Fatto vero accaduto(mi) ieri sull’autobus della linea (infame) 2: ora di pranzo, autobus strapieno tipo carro-bestiame, c’è una scolaresca di bambin* che rientra a scuola dopo un’uscita scolastica…
I commenti partivano da: “Eh, ma i gagni devono prendere un pullman diverso, non possono intasare i nostri. Paghiamo il biglietto, abbiamo diritto a viaggiare comodi”, a “Bambina, togliti lo zaino che mi dai fastidio. Non sono costretto a sopportarti, ho già i miei problemi. E statevene lì, che quando vi muovete ci togliete lo spazio!”.
Ora… posso dire che i-le bambin* avranno fatto quarta elementare, erano molto ben seguit* dalle due insegnant* che gli-le accompagnavano e molto educatamente cercavano di rimanere sedut* vicin* per lasciare posto alle altre persone che salivano e scendevano dall’autobus.
Ho parlato con due bambine, sveglie e magnifiche, ho cercato di farle sedere, ma una signora di mezz’età ci ha schiacciat* senza pietà. Vi lascio immaginare nitidamente la mia faccia e la faccia delle due bambine, che, molto sportivamente, mi hanno sorriso in stile: “Fa niente, dai!”
I commenti li hanno chiaramente ascoltati tutt* i-le bambin* presenti e guardandol* attentamente ho notato un’espressione che non avrei mai voluto vedere sui loro volti: vergogna, disagio. Si stavano vergognando di essere lì, di occupare spazio, probabilmente sentendo di dar fastidio “ai grandi”.

Nooooooooooooooooooooooooooo!!!!!!!!!!!!!! Cheilcielomiaiutiofacciounastrage!!!!!!!!!!!!

Questo è solo un micro-esempio di fatti che accadono quotidianamente per strada e dentro le case: bambin* cresciut* a pane e televisione a cui si richiede di comportarsi come peluches o scimmie ammaestrate (con tutto il rispetto per le scimmie, che peraltro adoro forsennatamente): “Non fiatare, stai diritt* con la schiena, non dire stupidaggini, non fare i capricci che mi fai vergognare!”…
Cosa vogliamo da quest* bambin* e adolescenti? Che siano svegl*, studios*, che salvino il mondo, che siano brillanti, che facciano come vogliamo noi, che siano la nostra fotocopia, che siano quello che noi non siamo mai riuscit* ad essere nella vita, che siano la nostra continuazione, che ci rendano orgoglios*, che si possano sfoggiare come trofei e farci fare anche bella figura, che stiano buon* e che stiano compost*, che si comportino a modo, che non facciano cagate…
NOI vogliamo questo. Noi. Lo pretendiamo. Loro invece cosa desiderano? Come si vedono? Spesso sovradeterminiamo loro e le loro intere esistenze senza nemmeno accorgercene. Diamo per scontate tutta una serie di caratteristiche che vorremmo che possedessero, pretendendole a suon di rabbia e ricatti.

L’Adultocentrismo è questa strana condizione in cui se sei adult* o adult*-anzian* ti credi migliore dei-lle bambin*, delle-gli adolescenti e dei-lle giovani, perché hai vissuto di più, perché hai studiato, perché hai fatto delle cose e loro no, perché c’hai l’esperienza sul groppone e hai letto magari una fraccata di libri.

Secondo fatto accaduto(mi) ieri (maròòòòòò che giornata!): ho la fortuna di dare lezioni di lingua ad uno straordinario ragazzo di tredici anni, Ludo. Tredici anni.
Bene, lui è un fottutissimo genio e mi dà tanta di quella merda (in senso Queer e assolutamente positivo, s’intende!) che la metà basta. Ebbene, ieri pomeriggio, Ludo se ne viene fuori con un’idea per un racconto che santissimocielocom’èchenessunocihapensatoprima?… Gente, un’idea che mi ha lasciat* senza parole, che mi sta occupando mente, cuore e spirito da quando lui l’ha pensata. Tredici anni, e rimani senza parole con la faccia quadrata, sbigottita e ti chiedi: “Come ha fatto? Ma dai! Io non sarei mai arrivat*, cavolodiquelcavolaccio!”
Ah, Ludo è anche fortissimo a praticare sports che io neppure ho mai sentito nominare a memoria d’uomo, ha un talento per l’improvvisazione meta-teatrale che manco gli-le alliev* dello Stabile e ne sa un botto di tecnologia (nativo digitale, gente, mica bruscolini!), musica e films. E queste sono solo alcune delle perle che mette in campo, figuratevi il resto!
La sua magnifica sorella, Francesca, una manciata di anni in più: pasticcera sopraffina, cantante che ti stende con la bellezza della sua voce, nails-artist in cammino (Francy, adoro le mie unghie, grazie!), appassionata di arte… così, tanto per gradire!

Per gli-le irriducibili di paragoni a tutti i costi, vi servo subito: se proprio vogliamo farci del male aggggratis, conosco bambin*, preadolescenti, adolescenti e giovani che ci farebbero un deretano grande così (a noi ggggggrandi) se dovessimo avere la folle idea di sfidarl* ad una gara di creatività, resistenza, resilienza, capacità di adattamento, ironia, autoironia, prestanza fisica, e molto altro… davvero, un deretano grande così che torniamo a casa piangendo lacrime di sangue. Figure di me….. a manetta, ladies and gentlemen!

Io dico, l’esperienza è importantissima, ma non è un valore assoluto, o non è il SOLO valore assoluto. L’esperienza, la conoscenza data dai libri, la vita vissuta… ci sta tutto, nulla da obiettare, ma non possiamo pensare che siano gli unici elementi importanti di questa nostra vita.

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Guardare dall’alto un* bambin* o un* adolescente significa squalificarl*, dargli-le meno importanza di quello che merita come essere umano. Non è che siamo nat* prima abbiamo qualche diritto in più, o abbiamo un bonus che ci rende migliori. Se ce la stiamo raccontando in questo modo, forse non stiamo considerando la “moltezza” di ciò che portiamo nel mondo, di ciò che ci rende unici-che, di ciò che possiamo condividere.

Considerare l’età attraverso una lente Queer ci riporta a questo: io ho vissuto più anni di te, vero, ma questo non mi rende migliore. Non valgo più di te perché ho esperienziato di più, perché ho conosciuto di più, perché ho studiato di più. Tu cosa porti nel mondo, nella mia-tua-nostra vita? Mi porti la meraviglia di un primo sguardo posato su una margheritina di campo? Mi porti l’emozione del tuo primo passo? Mi porti la bellezza di leggere le tue prime lettere? Mi porti la passione del primo innamoramento che si affaccia nel tuo cuore?
Portami tutto ciò che desideri portarmi, io ti porto tutto ciò di cui sono capace e lo mettiamo in comune, dividiamo il pane come buon* amiche-ci e così cresciamo insieme, impariamo insieme, ci influenziamo reciprocamente. Io ti porto il mondo che ho conosciuto fino ad ora, che non è tutto il mondo, è solo il mondo che ho conosciuto io, tu mi porti il mondo che stai conoscendo, che stai scoprendo, le tue idee, le tue trovate geniali, la tua forza, la tua capacità di generare il bene e di vederlo riflesso in tutte le cose.

Nessuno sguardo dall’alto ma occhi negli occhi, stessa altezza, medesima importanza, uguale riconoscimento fra le persone, che abbiano compiuto un giorno di vita o che abbiano appena spento 100 candeline.

Il Queer mi sembra (ancora ed il solo) modo per poter smontare (anche) questo binarismo (anagrafico).

T-INCLUSIVE

“Il mio tesssssssoro…” bisbigliava costantemente quella creatura corrotta e malamente calva conosciuta anche come Gollum (se non sei un* nerd come me, vedi saga “Il Signore degli anelli”), per riferirsi all’amore della sua vita, l’anello.
In queste ultime ore questa semplice e rabbrividevole frase mi è entrata nella mente creando un loop fastidiosissimo. Il mio tesssssssoro, mammamiacheviscidume!
Ecco, ‘sta frase maledetta mi è venuta in mente dopo aver fatto un bel po’ di materiale riguardante la transfobia in alcuni ambienti femministi. Tatataaaaaaaaaaaaaaaaaaaan, noooooooooooo la discriminazione verso le persone trans portato avanti dalle femministe è una roba che non si può sentireeeeeeeeeeeeeee… eppure.

First: cominciamo con il dire che esistono molti femminismi diversi, mica ce ne sta uno solo… giammai! Questo è stato l’errore più grande del femminismo passato: credere arrogantemente di poter essere unico e poterci rappresentare tutte. Wrrrrrrrong! Per fortuna mo’ se vede de tutto in gggiro.
Second: continuiamo dicendo che per alcuni versi, noi femmine-donne e cos’altro biologiche e non, sì pure voi che fate le gnorri e guardate in giro, siamo ancora a dei livelli di scoraggiante estrospezione. Stiamo ancora a litiga’ se er pelo sotto l’ascella fa femminista o no, se il trucco è eteropatriarcale, se la mestruazione è un argomento scomodo o no da portare in una cena di famiglia. Siamo, ohmmmioddddddio, ancora a porci e a porgerci autisticamente la domandona del millennio: “Ma che è ‘na donna?”
Io dico, ma se una risposta chiara non è mai arrivata, forse magari (e dico magari con ironia e sarcasmo che sgorgano a fiumi) è perché non c’è una risposta univoca, che rappresenta tutte le persone chiamate in causa, o no? Non è che ti sto chiedendo: “Ti piace la birra doppio malto?”, qui stiamo parlando di una cosa seria, da obbligarci a metterci l’espressione in faccia che dice “Uhhhh, questa è difficile”.
Sì, è difficile. Forse impossibile rispondere a questa domanda. Che cos’è una donna? Ognun* ha diritto di rispondere alla domanda un po’ come le-gli pare. Fino a prova contraria fingiamo di vivere in un Paese democratico, e allora su!

Comunque, tornando a monte del discorso (come sempre mi perdo, vi chiedo scusa, sono una sociopatica logorroica): le femministe radicali transfobiche, dette anche TERFs, (c’abbiamo un nome per tutto!) stanno portando avanti teorie e suggestioni da campo di concentramento nazista. Brrrrrrrividone lungo la schiena.
Fra le varie perle (sub)umane di cui ho letto, sicuramente la posizione di Germaine Greer mi ha lasciata senza parole: questa scrittrice e femminista radicale australiana, ovviamente terf, sostiene allegramente che le donne trans sarebbero “spaventose parodie” di donne, le quali sono responsabili di mettere in campo stereotipi positivi, isterie tipicamente (…) femminili e condotte che fanno parte di una lettura patriarcale del femminino. Brrrrrrrrr.

Ma il teatro dell’orrore non termina qui…

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Amiche ed amici, al secondo posto della nostra Top3 delle posizioni più impopolarmente discriminatorie troviamo Janice Raymond, la quale sostiene imperturbabile come un baob africano sotto le piogge torrenziali che, e vado a citare testualmente: “tutti i transessuali violentano i corpi delle donne riducendo la vera forma femminile ad un artefatto, appropriandosi del corpo per sé stessi”… Un genio. Del male.
Yuuuuuu-huuuuuu! E sul gradino più basso del podio, al terzo posto, si classificano a pari merito, per non far torto a nessun*, le fantastiche Julie Bindel, Sheila Jeffreys e Mary Daly che, attraverso le loro teorie femministe conosciutissime e molto ascoltate, stanno offrendo i loro servigi alla causa discriminatoria, diffamante e devastante verso le persone trans. Un applauso per queste eroine moderne, signore e signori!

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Dev’essere difficile mantenere in sé tutta questa uomo-fobia tutti i santissimi giorni che il dio manda in terra.
Una sintesi generale del pensiero di queste donne biologiche tuttedunpezzochenonvacillanomaiperchélorosonnoveredonne? Dunque, vediamo… che le donne trans vogliono infilarsi negli spazi che non gli appartengono, che vogliono entrare a far parte degli ambienti femminili per “stuprare le donne” (qui qualunque commento è superfluo, io direi) e che le donne biologiche che si identificano con il genere maschile lo fanno per avere la vita più semplice, perché, alla fine della fiera, essere donna è complicato. Tipo che prendono una scorciatoia per non faticare, per avere più possibilità di non essere discriminate, di far carriera…
Il bestiario termina qui. Anche sì.

Qui lo dobbiamo dire senza filtri, molti femminismi nascono per le donne cisgender, bianche, con una posizione sociale mica da ridere e pronte a discriminare tutte le altre. Questa è una vecchia storia: nei primi femminismi le donne nere, latine, arabe, asiatiche, povere, lesbiche o bisessuali (le donne trans le mettiamo da parte per un secondo causa invisibilità totale a livello di lotte sociali portate avanti dalle donne per il bene comune…), migranti, diversamente abili e tutte quelle che non formavano parte del Club del Libro bianco-etero-borghese restavano fuori.
Con il femminismo della Terza Ondata, con il femminismo Post-moderno e Post- Strutturalista molto è cambiato, ma forse non poi così tanto a livello di inclusione.

Le donne trans spesso vengono ancora escluse dai college e dalle scuole, dal Sistema Sanitario, dai centri antiviolenza e dalle case protette destinate a donne vittime di violenza di genere. Ne vogliamo parlare?
La transfobia in alcuni tipi di femminismo si verifica costantemente a causa della totale esclusione delle donne trans dagli spazi destinati alle donne. Però dovremmo aggiungere: donne biologiche eteronormate.
Una donna trans non solo spesso è vittima di transfobia, ma anche di misoginia.

Una roba da far spavento. Scene da vero campo di concentramento nazista ingiustificabile, oggi come allora, davanti a qualunque manifestazione di vita umana.
Qui non si parla di fare entrare le donne trans nell’Olimpo della donnità per compassione o per pietà, ma per semplice diritto umano. Le donne trans sono donne.
Mado’ siamo ancora qui ad ignorare la frase di Simone De Bouvoir ormai vomitata dappertutto ma che dovrebbe orientarci, e pure zittirci quando è necessario: “Donna non si nasce, si diventa.”
Pure noi che siamo nate donne biologiche e che diamo per scontato di essere donne solo perché siamo portatrici di tette e vagina dovremmo chiederci cosa è una donna e come lo siamo diventate, se lo siamo diventate. Io su ‘sta roba ci sto facendo una transizione da mesi, ma questo se seguite il blog lo sapete e non voglio ammorbarvi più.

Grandi teorie, grandi pensatrici, grandi rivoluzioni intellettuali, e poi siamo ancora qui a discriminare, ad arrogarci il diritto di poterci definire “vere donne” perché fra le gambe abbiamo una vagina. Mammamialoschifochemiprende2.0!
Una donna è una persona che si sente tale attraverso la propria percezione ed il proprio personalissimo sentire, in tutti i modi attraverso cui arriva a sentirsi tale, in tutti i processi che vive e secondo ogni orientamento e condizione che le appartengono, tutto il resto sono chiacchiere da spa, spesso insostenibili da un punto di vista metalinguistico, cognitivo e fisico.

E mi sembra che possa bastare, per ora.

TERFs… il vostro tessssssssoro tenetevelo pure, noi di anelli che formano catene di prigionia non ne vogliamo.
Transfemminismo all-inclusive power!

(non) MATERNITÀ QUEER

21 dicembre… è nata Giorgia, la nostra nipotina number 4.
Quarto fiocco rosa facente parte di una stirpe di femmine biologiche potentissime. Una famiglia di fiocchi rosa ogni pochi anni.
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Momento regalo: abiti e accessori. Ci andiamo con Lady B., la matriarca, la pluri-nonna della cucciolotta umana.
Alla fine prendiamo un abitino bianco con un ricamo rosso, pantaloni con il cavallo basso a righe colorate e lui, l’abitino della semi-discordia: disegni a più colori con un difetto imperdonabile… averci pure l’azzurro in mezzo. Noooooooooooooooooooo, per una bambina l’azzurro noooooooooooo, quale disonore contro il binarismo, quale affronto alla norma femmina-rosa/maschio-azzurro. Noooooooooooooooo, ci sussurra Lady B. , voi siete dei sovversivi, radicali! Siamo troppo Queer, mi sa, per i suoi gusti. ‘Ste brutte cose non si fanno, povera criatura!
Peccato che pure la stanza dell’ospedale dove Giorgia ha vissuto i suoi primi due giorni di vita, e questa è legge karmica, sia completamente celeste. Uhuhuhu, vittoria a mani alte per il Queer!
Lady B., quando  è diventata madre, ci ha spiegato, non applicava le regole azzurrofobiche alle sue pargole ma, all’ora di diventare nonna, qualcosa le è cambiato nella mente. Ha fatto uno switch cerebrale pro-binarismo interessantissimo. Mamma radicale sì, nonna Queer no. Comunque, è una gran bella nonna, credetemi!
Mo’, sto a pensa’ con tutta la forza delle mie sinapsi motrici: ma io, che madre sarei?
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A parte la questione di rifilare al pargolo o alla pargola abiti a caso, senza senso e senza gusto estetico… come si fa la mamma Queer? Che cavolaccio è una mamma Queer? Ne avete mai conosciuta qualcuna? Una specie rara o che non è ancora rintracciabile dal radar poiché è in via di formazione?
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Abiti a parte, ma consideriamo anche i giochi, per esempio: Barbie sì, ma accompagnata dal Defender dei Carabinieri della Lego, My Little Pony anche, chiaro, insieme al parcheggio a più livelli delle Micromachines.
E il colore della cameretta? Rosa con elementi azzurri a macchia di leopardo o colori brillanti che abbiano un equilibrio ed un senso estetico che non facciano vomitare l’infante tutte le volte che va a nanna?
Son cose da considerare, siorre e siorri.
I libri delle principesse che aspettano il principe azzurro? Seeeeeeeeee, ma dove si è mai vista ‘sta storia? Meglio le nuove favole anti-binarismo, che ne dite?, dove le donne fanno un po’ quello che vogliono senza attendere che il lui le salvi e con il lui senza ansia da prestazione.
C’è altro? Fatemi riflettere un momento. Abbiamo detto: colori su abiti, pareti, giochi, favole…
Vi viene in mente qualcosa? Scrivete nei commenti, fatece ‘sto favore, daje!
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Ah, nel frattempo ho deciso che di fare la mamma proprio non se ne parla, almeno per ora, per un prossimo futuro poi vediamo, intanto raccolgo materiale, che magari mi potrà salvare la vita.